Sappiamo ancora poco

How little we know, how much to discover…” cantava Frank Sinatra 60 anni fa. Oggi questo può essere il titolo del nostro sforzo di contrastare il COVID-19. Molto in realtà è stato scoperto, e la produzione di vaccini efficaci con metodologia innovativa e in così breve tempo (meno di un anno) è un vero miracolo della scienza. Ma di questa pandemia sappiamo ancora poco. Quanto e come proteggono i nuovi vaccini? Perchè c’è una variabilità individuale così elevata? Si tratta di una variabilità legata alla somministrazione di massa, non ben preparata in anticipo? O si tratta di qualcosa inerente al soggetto vaccinato e alla sua capacità di risposta immunitaria? Ma oltre al problema vaccinazione, molti sono i buchi neri della nostra conoscenza. Servono le mascherine? E le altre misure di prevenzione (distanziamento)? E come si fa a comunicare efficacemente con il pubblico e con i sanitari? E come evitare che giornali, televisione e socials continuino a disorientare la popolazione con un ininterrotto quanto inopportuno martellamento di informazioni e disinformazioni? La comunicazione del rischio è molto delicata ed importante in sanità, specie nel corso di un’epidemia e in mancanza di una preparazione adeguata. Questo è un punto dolente provocato da una colpevole assenza delle Istituzioni preposte e dalla mancanza di un piano epidemiologico aggiornato e soprattutto tenuto vivo con la collaborazione di tutti i territori nazionali e delle autorità preposte al loro governo. Da sempre vive la raccomandazione degli epidemiologi “Preparatevi” e non mancano gli strumenti e gli esempi di come questa “preparazione” va intesa e realizzata. Anche in Italia avevamo un Centro di Controllo delle Malattie istituito nel 2004 sull’esempio dei CDCs americani. Anche l’Unione Europea ha un CDC analogo. Ma la loro funzione è stata ridotta fino a scomparire nel tempo e di colpo ci siamo trovati nella bufera senza preparazione e senza armi: orribile l’affermazione di alcuni responsabili che “era impossibile prevedere un simile tsunami”. Invece di scuse per non aver fatto il proprio dovere, si cercano giustificazioni offensive per chi ha sofferto e soffre le conseguenze della incapacità e ignoranza di coloro che dovrebbero tutelare la salute pubblica. Il tocco finale, e ancor più offensivo, è però quello di coloro che fanno speculazione politica sul dolore della Nazione e sui suoi guai. Non si dovrebbe in realtà parlare di politica, perché politica è l’arte di adoperarsi per il benessere della popolazione e non per il proprio interesse. Abbiamo visto indegne lotte per il potere, contrapposizioni tra Istituzioni incuranti del bene comune, protagonismi e spettacolarizzazioni indecenti. Gli Italiani sono davvero stufi di questa politica, di personaggi squallidi, rapaci e incapaci, di arrivisti che combattono per assicurarsi vantaggi personali, di scandali, corruzione, consorterie di ogni tipo. Ci attacchiamo ora ad un filo tenue di cambiamento, ad una speranza di vivere in un’Italia migliore. Siamo tutti delusi e confusi, ma riusciamo ancora a sperare.
Speriamo che arrivino fondi europei, ma soprattutto che vengano usati bene per far ripartire il Paese ove tante persone operose sono pronte a rimboccarsi le maniche se vedono all’orizzonte una leadership di persone oneste e capaci e il tramonto di un periodo tra i più bui della Nazione sia sotto il profilo economico, sia soprattutto morale. Abbiamo bisogno di legge e ordine, di far cessare uno stato di anarchia e insicurezza ove tutti parlano, tutti possono sentirsi autorizzati a violare le leggi, ove le leggi stesse e chi le amministra non sempre operano bene e con giustizia. Ordine, legge, equità, riconoscimento del merito sono i valori di cui l’Italia ha bisogno. Chiudere il tempo di questa cosiddetta “seconda Repubblica” che ha corrotto i valori fondanti del Paese e ne ha pregiudicato il futuro.

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